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domenica 2 luglio 2017

Osservatorio giugno 2017 post-elezioni

La tenda di Prodi: la metafora del Pd oggi. A sentire i commenti post-elettorali han vinto tutti: il centrodestra (certo che sì), i Cinquestelle (certo che no), il Pd (assolutamente no); questo perché ognuno delle tre forze in campo (al netto delle liste civiche che hanno avuto peraltro grande consenso) può mostrare o un incremento nel numero dei municipi conquistati rispetto alla tornata precedente, o un risultato finale superiore rispetto al “competitor” principale. Poi però l’interpretazione politica di questi numeri modifica il giudizio, perché, almeno per quanto ci riguarda come Pd, non possiamo sostenere che sia andata “benino”, anzi…Certo, ci può stare che in un’elezione amministrativa si possa perdere una propria roccaforte; è già successo anche a favore del Pd, che in questa tornata ha conquistato Lecce e recentemente nel 2013 Treviso, l’inespugnabile baluardo leghista dell’ex sindaco Gentilini, per non dire di Milano, prima con Pisapia (che non è propriamente “pd”, ma il partito lo a ampiamente sostenuto), oggi con Sala. Ci sta quindi che il centrodestra si prenda Genova, La Spezia , Pistoia, come già in passato conquistò una città “simbolo” come Bologna ed altre realtà locali che parevano inattaccabili, come Prato ed Arezzo, tutte però rientrate nell’alveo del centrosinistra. Ci può stare tutto questo, come è altrettanto plausibile che i Cinquestelle ai ballottaggi abbiano appoggiato il centrodestra “a prescindere”; ma per il Pd una lettura del genere diventerebbe pericolosamente consolatoria ed assolutoria. La reazione “a caldo” di Renzi sembra infatti muoversi ancora nel solco del personaggio, quando ripropone la volontà di correre solo contro tutti alle ormai imminenti elezioni politiche. Io credo, e non sono il solo, che ciò non abbia a che fare con la vocazione maggioritaria del partito, che era nato per “includere” la sinistra all’interno di un progetto fortemente riformista, qui siamo invece all’autosufficienza, all’”uomo solo al comando”. Probabilmente è tipico del carattere di Renzi questo riproporsi sempre in modo direi divisivo, una sorta di “o con me o contro di me”, senza la benchè minima volontà di revisione dei propri eventuali errori. Perchè come si fà a dire, immediatamente dopo il risultato delle amministrative, che è chiuso il dialogo con la sinistra di Pisapia, poiché a Genova si presentava unita al Pd e si è perso lo stesso? C’è nella liquidatoria frettolosità di questa valutazione tutto il vero problema del nostro segretario nazionale; come si può affermare infatti, peraltro proposto da lui stesso all’indomani della bocciatura in Parlamento della proposta di legge elettorale, che il partito avrebbe guardato opportunamente a sinistra ed oggi, poche settimane dopo, dire il contrario? L’apertura al dialogo con Campo Progressista infatti non è fare una sommatoria di voti nella quale la sinistra avrebbe ovviamente rispetto al Pd minor peso numerico, quanto invece un confronto vero e dettagliato con l’obiettivo di un programma condiviso per la crescita del Paese, che potrebbe perciò richiedere una revisione di alcuni punti del programma del precedente “governo Renzi” che, a torto o a ragione, hanno costituito in buona misura le ragioni della fuoruscita dal partito di Bersani e company e il progressivo distacco della base. Proprio questo è il nodo della questione, tanto più ora che il Pd, dopo le amministrative, appare politicamente indebolito: il rimettere in discussione (per migliorarle non per eliminarle completamente) cose ritenute “intoccabili”, “identitarie” (Jobs Act, la legge 170, altrimenti detta “Buona Scuola, la questione della tassazione sulla prima casa..) vuol dire dover riconoscere che “altri”, all’interno di questa alleanza programmatica, potranno essere in grado di guidare un futuro governo di centro-sinistra; anzi un tale passaggio, legittimato ovviamente da primarie di coalizione, diventerebbe necessario per una ricomposizione dell’area complessiva della sinistra. Renzi (che potrebbe certo anche vincere le primarie proposte da Campo Progressista) dovrebbe quindi accettare un passaggio politico che ovviamente rifiuta, reclamando la legittimazione avuta dalle recenti primarie di partito; non vuole rinunciare alla sua leadership, ecco perché chiude le porte a Pisapia. Per tal motivo si sta attirando le critiche di gente come Veltroni o lo stesso Prodi, (per non dire dei malumori all’interno stesso del Pd), persone cioè che lo invitano ad uscire da questa logica di personalizzazione estrema, per essere più inclusivo; in altre parole, pur non dichiarandolo esplicitamente, stanno auspicando un suo passo indietro: rimanere cioè segretario del Pd, riconoscendo al contempo la “contendibilità” del ruolo di Presidente del Consiglio. Renzi ha già per questo risposto a Prodi, il quale a sua volta gli ha ribattuto di “aver spostato e messo nello zaino la sua tenda, allontanandosi”! E’ un po’ l’immagine di tanti simpatizzanti e militanti, contrariati dall’ostinazione di chi non vuol capire che così si andrà al tracollo, il cui primo segnale non raccolto è stato l’esito del referendum costituzionale. Si spiega allora perché i “fedelissimi” del segretario hanno innalzato un muro, invocando la intangibilità di quelle riforme fatte e dello stesso ruolo di Renzi, quasi a dire che ogni “messa in discussione di qualcosa fatto” suona come una delegittimazione del segretario e quindi anche del loro attuale ruolo all’interno del partito; di converso i problemi sono degli altri che non vogliono riconoscere la sua leadership. Eppure da solo il Pd oggi come oggi è difficile che possa sfondare elettoralmente; è dovunque, salvo eccezioni, in sofferenza nei circoli, nel rapporto con la gente; l’astensionismo (una vera e propria emergenza democratica, dato che vota anche meno del 50%!) riguarda ormai, non da ora, in primo luogo la propria base, e ci sarà una ragione…O si vuole far finta che la colpa sia di chi è fuoruscito e ha diviso il partito? Giusta o sbagliata che sia stata, la scissione “dal Pd” era già avvenuta nell’elettorato progressista prima ancora di quella “nel Pd”. In fondo, quanti di coloro che l’han votato si son sentiti traditi da alcune riforme, ad esempio dalla Buona Scuola? L’ostinazione con cui si è voluto dare un ruolo assoluto ai Dirigenti Scolastici (i Presidi) è stata francamente incredibile, visto che era stata nettamente respinta nel referendum consultivo svolto tra il Personale Scolastico poco prima del varo della riforma stessa! Intanto è foriera di ingiustizie, perchè lascia tutto all’arbitrio di una persona, poi “apre” al possibile “servilismo” da parte di chi aspira ad avere un ruolo più rimarchevole all’interno di un istituto che solo il Dirigente può conferire…; inoltre non risolve i problemi della Scuola perché questi vanno (da tempo) dalla perdita di prestigio non solo economico dei Docenti al rapporto con le famiglie (che andrà seriamente rivisto), fino ai programmi di studio, da rivalutare seriamente (pensiamo ad esempio agli strafalcioni ortografici che si evidenziano in tanti concorsi pubblici!...). Non si può parlare di riforma epocale o di far emergere i “migliori” se ancora oggi, di fronte a classi “difficili” (e ce ne sono) un’insegnante viene messo “comunque” sotto accusa dalla Dirigenza per non essere in grado di mantenere l’ordine e questo perché molto spesso, salvo eccezioni, i Presidi preferiscono non avere contenziosi con le famiglie, sapendo che la loro sopravvivenza in quel ruolo dipende anche dal numero degli iscritti nella scuola che presiedono…Perché un insegnante dovrebbe votare ancora Pd se le cose stan così? Ma non per la difesa di un privilegio (quale?), ma di una propria dignità! Passando al Jobs Act, che pure ha incrementato il lavoro in Italia, anche se prevalentemente per contratti a termine, perché non ri-valutare il problema non risolto della persistente elevata disoccupazione giovanile che è, almeno in Italia, strutturale, non certo ciclica”? Perché non cercare il confronto con i corpi sociali intermedi (i Sindacati, le organizzazioni del Lavoro) invece di scavalcarli come è stato fatto (anche al di là degli errori dei Sindacati stessi)? In definitiva, il rischio di un isolamento del Pd esiste; ignorare i segnali che da oltre un anno arrivano da un elettorato stanco e deluso può essere letale. Ammenocchè la prospettiva politica non sia un “governo con Forza Italia”, nella speranza che i “5 Stelle”, pur potendo eventualmente vincere le prossime elezioni politiche, non raggiungeranno il fatidico 40%; poiché loro non si alleeranno con nessuno (a loro dire) si renderà possibile una larga intesa con Berlusconi, il quale chiederà il sostegno per Mediaset contro Vivendi ed un probabile ammorbidimento della legge anti-corruzione.. Ma un Pd così a che serve? E’ possibile aprire un dibattito senza preclusioni? Gianni Amendola

Brignolo: «Abbiamo lavorato bene»

Da un'intervista alla Nuova Provincia: Passata la mano al nuovo sindaco Maurizio Rasero, il primo cittadino uscente Fabrizio Brignolo ha parlato dei cinque anni trascorsi in municipio, delle cose fatte, delle cose ancora da fare, di cosa ha funzionato e di cosa non ha funzionato nella sua amministrazione. Brignolo ha raccontato la sua “amministrazione” con la tranquillità di chi ormai non ha più responsabilità dirette della città e sul suo governo. Perché hai deciso di non candidarti? Mi sono reso conto che altri cinque anni di impegno quasi totale a fare il sindaco, ruolo che ho svolto al meglio delle mie capacità, avrebbe comportato molto probabilmente la chiusura del mio studio da avvocato. La scelta, quindi, è stata un po’ obbligata. E poi la candidatura del sindaco uscente, che per tutta la legislatura ha avuto l’opposizione di quelle liste di sinistra con cui, se si fosse ricandidato, avrebbe dovuto dialogare, abbiamo ritenuto fosse una strada ancora più negativa. Scognamiglio, Aceto e Bosia seduti al banco di opposizione per quasi tutta la legislatura avrebbero avuto più difficoltà ancora ad accettare il mio nome per una eventuale lista unitaria di centrosinistra. Quindi la divisione della sinistra non può essere ricondotta alla tua non candidatura? Assolutamente no, non sono così importante. Con me l’unità della sinistra sarebbe stata ancora più difficile. Cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato nella tua amministrazione? Partendo dalle cose positive, credo che dopo questi cinque anni un cittadino esterno la prima cosa che può percepire venendo ad Asti è che la nostra città comincia ad essere una città turistica e una città d’arte. Cinque anni fa questo aspetto era totalmente assente. Oggi con l’apertura dei palazzi storici, con un po’ di azioni promozionali che sono state fatte, con il progetto vino e cultura, con il raduno dei Bersaglieri, poi quello degli Alpini, cominciamo a credere che questo aspetto del turismo e della cultura possa essere una risorsa importante per la città e cominciano a crederlo anche gli astigiani. Autobus e verde pubblico. Poi oggi possiamo tranquillamente vedere che abbiamo gli autobus un po’ meno scassati rispetto a cinque anni fa, abbiamo più telecamere di sorveglianza, abbiamo i led quindi più luci per strada. Poi abbiamo rimesso in sesto il settore dei lavori pubblici e delle manutenzioni. Se oggi facciamo un giro nei parchi possiamo facilmente vedere che sono sistemati molto meglio rispetto a cinque anni fa. Si poteva fare ancora di più, ma oggi non ho più vergogna ad entrare in un parco pubblico, come invece avevo prima. Insomma, abbiamo fatto crescere la città pur con pochi soldi a disposizione. Gli edifici scolastici. Il lavoro più grosso che abbiamo fatto è quello con le scuole. Un lavoro che si vede poco ma che è stato molto efficace per la messa in sicurezza delle strutture. Per quanto concerne l’ambiente abbiamo trovato una situazione di totale incertezza e oggi siamo messi in una situazione in cui Asti non conoscerà più il problema rifiuti perché ci siamo alleati con chi l’inceneritore ce l’ha già. L’Asp è passata dall’aver utili border line ad oggi che è stata messa in condizione di dare buoni profitti al Comune. Queste sono le cose positive. Quali sono invece le cose negative, quelle che rifaresti diversamente se tornassi indietro? Qualcuno ha detto la comunicazione, condividi? Abbiamo fatto comunicati stampa continuamente, non abbiamo mai fatto mancare l’informazione agli organi di stampa. Non abbiamo mai fatto venire meno la nostra presenza sul territorio. Noi siamo andati in tutte le frazioni almeno tre o quattro volte. Abbiamo cercato la comunicazione diretta attraverso riunioni annunciate dai manifesti. Non so cosa sia mancato, anche se mi rendo conto che a volte i cittadini non hanno capito cosa abbiamo fatto. Ma quali potevano essere le forme aggiuntive della comunicazione? Voi giornalisti siete stati molto corretti e non avete mai fatto mancare l’informazione. Quindi tu dici che la comunicazione non è mancata, è stata efficace? No, no! non dico questo. Mi rendo conto che i cittadini conoscevano solo qualcosa di quanto stavamo facendo, non avevano un’idea complessiva del nostro progetto. Però non so quale poteva essere lo strumento comunicativo aggiuntivo che avremmo potuto adottare per essere più efficaci. Ho sempre cercato di essere molto presente tra la gente. Avevo mediamente tre appuntamenti al giorno con la gente, anche solo per inaugurare negozi o altro. Poi sul mio profilo facebook ho sempre ribaltato tutte le iniziative che abbiamo concretizzato. Comunque, qual è la tua recriminazione di questi cinque anni? Dovessi dire che c’è qualcosa che ritengo un errore non c’è. Sbagli ne abbiamo fatti, questo è comprensibile, ma nulla che poi non sia stato corretto in corso d’opera, aggiustato o modificato se ci accorgevamo che stava prendendo una strada non positiva. L’unica spina che sento di avere nel fianco sono gli archi davanti alla palestra di corso Alba, che ora comunque, abbiamo posto le basi per rimuoverli e sistemarli altrove. Quegli archi hanno peggiorato quell’angolo di città ed ora verranno sistemati al campo di atletica leggera, dove verranno utilizzati per fare una tettoia di copertura. E il Teleriscaldamento non è una spina nel fianco? No. Siamo arrivati a tre o quattro mesi dalle elezioni quando ogni decisione presa sarebbe stata reversibile. Se la decisione avessimo dovuto prenderla un anno e mezzo prima, come era preventivato, probabilmente non l’avrei ritirata, ma a tre mesi dalle elezioni, comunque, tutto poteva essere cambiato quindi era inutile portarlo avanti. Il mio vero rammarico è quello di non essere riuscito a portare a termine diversi progetti proprio per la lentezza della macchina burocratica. Per farla muovere ci voglio mesi e mesi, a volte anni per cui tante cose rimangono ferme non per tua volontà o incapacità, ma per il tempo che occorre per metterle in pista e realizzarle. Il teleriscaldamento ha avuto un’opposizione fortissima e secondo me ingiustificata, perché il progetto avrebbe portato solo ricadute positive, per quelle che erano le risultanze degli organi preposti alla valutazione del progetto. Altri progetti non realizzati? Avrei voluto portare a termine l’assegnazione della palazzina comando dell’università. C’era stato un privato che si era fatto avanti, poi un po’ per la lentezza burocratica, un po’ perché si era spaventato per le reazioni di una parte della città, ha lasciato perdere. L’arazzeria Scassa non è stata trasferita in centro città, come io avrei voluto. Sarebbe stata una cosa buona per la città, nell’ottica proprio della città turistica, da visitare. Non è stata fatta per il contesto cittadino ostile. Ma tutto ciò è l’effetto di questo particolare momento storico. Quindici anni fa feci l’assessore e quindi ho potuto constatare come si poteva governare allora. Oggi le condizioni di amministrazione sono peggiorate rispetto ad allora. Mi pare di capire che tu sia soddisfatto di quanto hai realizzato... Si, sono soddisfatto perché di più non potevo fare. Ho dedicato il cento per cento del mio tempo ad amministrare. Danni grossi non ne abbiamo fatti, abbiamo risolto molti dei problemi che c’erano. Per la vita di una città cinque anni sono pochi. Certi progetti non riesci neppure ad avviarli. Cosa lascerai in eredità a Maurizio Rasero? Lascio il progetto vino e cultura che ritengo positivo per far percepire la città come una città di turismo e cultura. Poi sulle periferie abbiamo avuto finanziamenti che andranno portati avanti. Lascio progetti ben avviati cheIL sindaco potrebbe proseguire, almeno in questa prima parte del suo mandato. Intanto metterà in piedi progetti nuovi che, per il tempo, potranno vedere la luce solo tra qualche anno. Anche il nostro progetto sulle scuole può essere portato avanti, come anche la mia idea di togliere i sacchetti di immondizia dalla città, che noi abbiamo realizzato in modo sperimentale in un paio di quartieri con ottimi risultati.

Angela Motta: «Urge riflettere sull’astensionismo»

«Al nuovo sindaco della città rivolgo i miei migliori auguri di buon lavoro». A dirlo è Angela Motta candidata del Partito Democratico stoppata al primo turno che sulla vittoria di Maurizio Rasero commenta: «me lo aspettavo. Il divario di preferenze al primo turno con il Movimento Cinque Stelle era alto. Non mi aspettavo questa percentuale di astensionismo, particolarmente alta se si considera che parliamo di elezioni comunali e non politiche. Il dato va considerato e costringe tutte le forze politiche ad alcune riflessioni che non possono essere più ignorate o rimandate». Quello che per Angela Motta emerge dal voto di domenica è una disaffezione allarmante nei confronti della politica. «Il sindaco di un capoluogo di provincia è stato eletto da meno della metà dei suoi concittadini. Penso che Maurizio Rasero e gli uomini e le donne della sua maggioranza debbano tenerlo a mente nel momento in cui saranno chiamati a prendere decisioni per la città. Dal canto nostro lavoreremo per pianificare un'opposizione costruttiva, che non dia dei no in via pregiudiziale. Ci auguriamo che i progetti iniziati dalla passata amministrazione, alcuni dei quali oggetto di finanziamento regionale, siano portati a compimento. Vigileremo su quello che verrà deciso in giunta». Quanto al suo impegno in Consiglio Comunale, Angela Motta conferma: «ho intenzione di rispettare gli impregni presi e siederò come capogruppo in Consiglio Comunale. La carica non è infatti incompatibile con quella di consigliere regionale e svolgerò entrambi i compiti». Angela Motta sarà quindi capogruppo del Partito Democratico. Al suo fianco altri due consiglieri PD oltre ad altro esponente della lista civia “Asti viva e solidale” che l’ha sostenuta e che, probabilmente, confluirà nel gruppo della Motta.

Abbiamo preso i lati negativi dei partiti avversari

«Abbiamo preso tutti i lati negativi nei partiti che combattiamo, ma ci sono stati diversi segnali che la strada intrapresa non fosse quella giusta: un anno fa siamo riusciti a perdere il Comune di Nizza, poi abbiamo consegnato la Provincia alla destra, chiuso diversi circoli sul territorio, che sarà difficile riaprire, e infine perso la città di Asti». Così Francesca Ferraris, presidente dell’Assemblea provinciale del Partito Democratico, commenta il tracollo dello stesso nell’Astigiano che «con i voti dimezzati», «è stato il peggior capoluogo, in termini di risultati, a livello nazionale». Giovedì sera, nel circolo della Way Assauto, si è tenuto il tanto atteso confronto tra candidati, tesserati, vertici locali e addetti ai lavori. Una riunione alla quale ha partecipato anche l’ex sindaco Fabrizio Brignolo, rimasto quasi sempre in silenzio mentre attorno a lui si celebrava “un processo” senza, però, emettere sentenze di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. La segreteria provinciale guidata da Giovanna Beccuti ha rassegnato le dimissioni, così come la segreteria cittadina guidata da Carlo Gentile. «Ora ci sono trenta giorni per evitare il commissariamento trovando qualcuno che possa traghettare il partito al Congresso, speriamo in autunno» aggiunge Ferraris. Ma chi? Da un lato c’è la proposta di coinvolgere la consigliera regionale renziana Angela Motta che ha condotto una campagna elettorale, come sottolineato da alcuni, con tempistiche molte strette a causa del ritardo con cui l’ex sindaco Brignolo ha fatto sapere che non si sarebbe ricandidato. Ma, tra tempistiche non felici e dimissioni dovute per dare un segnale di discontinuità, il futuro del Partito Democratico di Asti è più che mai incerto.