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martedì 16 gennaio 2018

OSSERVATORIO GENNAIO 2018

L’OSSERVATORIO. Recuperare la Scuola: un obiettivo programmatico per il Paese. I recenti casi delle baby gang che aggrediscono inermi ragazzi o adulti, a Napoli come a Grugliasco (non molti giorni fa) pongono ulteriormente il grosso, enorme problema dei giovani adolescenti nel loro rapporto col mondo, con gli altri, con gli adulti, coi mezzi di comunicazione. La donna, che si trovava davanti al centro Commerciale “Le Gru”, con marito e figlio, colpita da una ragazza della “gang” che poteva essere sua figlia, solo per il fatto di averla richiamata per un loro insistente bestemmiare e turpiloquio annesso, ha raccontato di aver visto nello sguardo della sua giovane assalitrice un carico di odio difficilmente dimenticabile. Qui allora non si tratta di “nord”, “centro” o “sud” , ma di un disagio profondo che attraversa le giovani generazioni e che trova le forme di espressione più varie, unite tutte però dal voler dare visibilità al gesto, magari da postare sui social network, e dall’insulto alla vittima, individuata come bersaglio naturale di tutte le loro (dei ragazzi del branco) difficoltà esistenziali, che quei gesti spavaldi vorrebbero nascondere a se stessi ed agli altri. Additare le famiglie quale causa di questi comportamenti deviati è doveroso, ma resta sullo sfondo un’altra domanda: “cosa può fare, cosa propone la scuola?” C’è da riflettere non poco, perché se la Scuola (ma anche le famiglie, ma anche i mezzi di informazione/formazione ovviamente) non educa al senso della comunità, del vivere civile, del rispetto dell’altro e della propria diversità (qualsiasi essa sia) fallisce uno degli scopi per cui esiste: la trasmissione del sapere all’interno di una solidarietà umana (le classi di studenti) e di una comunione di intenti (la crescita personale come ragazzi e ragazze che fanno della conoscenza uno strumento di ciò). Poi certo, si hanno le lavagne mediatiche, si portano avanti metodi di insegnamento all’avanguardia, tutto bello, tutto encomiabile, ma accanto a questo molto spesso non crescono “per” e negli studenti quei riferimenti di cui sopra, e vorrei in particolare sottolineare l’educazione al senso civico. Poiché sono gli Insegnanti i “front men” della scuola verso gli allievi, coloro cioè che trasmettono saperi e valori, bisogna allora fortemente ri-motivarli (non solo economicamente), restituire loro una centralità che han da tempo perduta, rivedendo il rapporto Dirigente d’Istituto/Docente, perché se un Preside (chiamiamolo ancora così) non valorizza, non apprezza, non dà sostegno ai Professori, al contrario viene visto da loro come “nemico” perché in grado di relegarli all’ultimo gradino della sua considerazione, con tutte le possibili conseguenze connesse (e i ragazzi se ne accorgono di queste delegittimazioni; situazioni difficilmente gestibili nelle classi nascono spesso proprio da ciò), di che scuola parliamo? Come fà un docente a rapportarsi “autorevolmente” con le famiglie, che quasi sempre prendono le difese “a prescindere” dei loro figli, se dietro non hanno un dirigente che li appoggia e solidarizza con loro? Questo è un punto delicatissimo che non nasce a caso e deve essere affrontato senza preclusioni ideologiche, anche e soprattutto nel Pd se sarà ancora perno del governo del Paese, poichè và a toccare il ruolo “quasi assoluto” dei Presidi, sin dall’inizio contestato dalla gran parte degli insegnanti, un aspetto che andrà certamente rivisto all’interno di una riconsiderazione generale della “107”. Non parliamo quindi più di “bonus” ai migliori, i meritevoli, elargiti dal Dirigente d’istituto spesso sulla base di personalissimi criteri, capaci solo a dividere il corpo docente (ecco il vulnus…“divide et impera” dicevano i Romani…), quanto invece rafforziamo lo spirito solidaristico degli Insegnanti, che non vuol dire appiattimento (il merito non è escluso, purchè sian chiari, trasparenti e condivisi i “parametri di valutazione”), non vuol dire omertà tra colleghi, vuol dire al contrario consolidare lo “spirito di corpo”, il “senso di appartenenza” alla scuola, che i ragazzi “devono” poter avvertire in coloro che li educano al sapere. Se invece si gioca a spaccare il corpo docente allora si rischia di perdere se non tutto “molto”, in termini di autorevolezza della scuola, perchè se poi alla fine ci sarà chi pensa solo a mantenere il proprio posto di Dirigente, cercando di garantire un numero sufficiente di iscritti (e qui c’entra molto il rapporto spesso “prono” verso le famiglie…), e chi all’”ombra del Preside” (usiamo questa “gentile” metafora) cercherà “in ogni modo” di integrare lo scarso stipendio statale, che scuola sarà? Quella dell’arrivismo? Investire non solo economicamente sull’Istruzione, quindi sull’Università, sulla cultura in genere fà bene al Paese, perché serve a costruire il proprio futuro. Quei ragazzi citati all’inizio di questo articolo, se avessero trovato una ambiente scolastico più solidale, più “motivante” allo studio inteso come “amore del sapere”, chissà, forse non sarebbero arrivati a quel punto; non possiamo dimostrarlo ovviamente, ma non si può nemmeno far finta di non pensarci. “A monnezza de Roma”. L’immagine di Roma, a tratti sommersa dai rifiuti sta facendo il giro del mondo, perché la città è tra le più belle del nostro pianeta, attrae da sempre milioni di turisti, è la sede del Papa ed è una città che ha una storia millenaria (e di ogni epoca vi sono monumenti e cose d’arte) come nessun altra; è un patrimonio dell’umanità. E’ ovvio che notizie del genere diventano immediata informazione per miliardi di persone, non proprio quindi “cosette di casa nostra”. Il problema dell’immondizia (‘a monnezza) Roma lo trascinava, come per altre grandi città, da tempo; l’ex- sindaco Marino aveva chiuso definitivamente, col favore di tutti, anche dell’Europa che l’aveva chiesto già nel 2007, la discarica di Malagrotta, individuando altre zone, tra cui Ostia con un tritovagliatore che i Pentastellati avevano giurato di non utilizzare mai, anzi di eliminarlo del tutto, ma adesso se ne stanno servendo. Ciò che sconcerta, a quanto ci è dato da capire, è l’indecente balletto e il tentativo di scaricabarile posto in essere dal Movimento 5 Stelle, il quale, nella persona della sindaca Raggi, ha chiesto inizialmente all’Emilia Romagna di poter farsi carico dello smaltimento, facendo immediatamente marcia indietro dopo la protesta dei “dimaini” locali, per i quali la cosa (chiedere cioè aiuto su un tema delicato come quello dei rifiuti ad una regione notoriamente pd) sarebbe apparsa un tracollo, un abbassarsi a chiedere sostegno proprio al nemico che vorrebbero abbattere sul suo territorio più rappresentativo. A sentire il candidato premier Di Maio la colpa dell’accumulo dell’immondizia è perciò del Pd che gioca ad alzare le tariffe dello smaltimento, costringendo la città di Roma a dover tenere ancora sacchi di spazzatura ovunque, per non pagare prezzi eccessivi. Incredibile! D’altra parte, Roma per i “5 Stelle” è il fiore all’occhiello (ora non tanto!); prendere atto di un fallimento amministrativo e politico sarebbe per loro uno smacco pesante, a maggior ragione se non dovessero vincere le prossime elezioni politiche. Niente di meglio quindi che cambiare le carte in tavola, ed esperti di comunicazione quali sono (o credono di essere), stan facendo di tutto per scaricare su altri (il Pd) la loro inadeguatezza. Sarebbe questa la nuova politica? La trasparenza? Gli atti amministrativi fatti coi cittadini? La verità è che l’ossessione del voto, il “dover vincere per forza” (pena la loro probabile, progressiva scomparsa politica o, alla meglio, il riciclarsi di molti di loro nei partiti “tradizionali”), la necessità di “prendere voti ovunque e comunque”, li sta rendendo ondivaghi (un giorno dicono una cosa, il giorno smentiscono parzialmente a seconda della convenienza..), annaspanti, sempre alla ricerca di un pretesto vero o presunto per inscenare una polemica politica, in cui loro, “i buoni”, si erigono contro le trappole e le furberie dei professionisti della politica, evitando di dare però le risposte nel merito; ma loro, i “5 Stelle”, se è per vincere, lo fanno nell’interesse dei cittadini (quasi la richiesta di un atto di fede questo, dato che proprio a Roma stanno scrivendo una pagina piuttosto oscura, anche Di Maio, che ha avuto un ruolo non secondario nella scelta e nell’”endorsement” verso i più stretti collaboratori della sindaca, da cui ora stan cercando di prendere le distanze per le vicende giudiziarie in corso che vedono coinvolti anche loro…). La “grosse koalition” in Germania. Ora che, come sembra, la Germania si affiderà alla terza Grosse Koalition (semprechè i socialdemocratici di Schutz saranno d’accordo, dato che al momento i mal di pancia sono forti) per riconquistare la stabilità del suo quadro politico, e che rilancerà ulteriormente l’asse Berlino-Parigi come guida in ambito europeo, cosa proporrà Di Maio? Nuovamente la possibilità di uscita dalla moneta unica? Non è una battuta oziosa, ma una questione vera, se si deve dar credito alle parole del candidato statista “5 Stelle”, il quale proprio recentemente aveva dichiarato la non necessità ormai del referendum anti-euro, in quanto sia la Germania, sia la Francia erano “meno forti” di prima! Perché, se la Germania e la Francia torneranno ad avere un solido ruolo guida nel Vecchio Continente, che farà Di Maio? Andrà a discutere con la Merkel e con Macron, sbattendo i pugni? Contratterà l’uscita dell’Italia? Non si rende conto invece che le sue frasi circa la fattibilità o meno del referendum sull’Euro (che peraltro la Costituzione vieta) creano solo diffidenza in Europa e nel mondo? Quale la credibilità per l’Italia con lui al potere? Perché se pensa che la moneta unica sia un danno, allora imposti e proponga tutto un programma politico ed economico preciso e dettagliato, spiegando i (presunti) vantaggi del ritorno alla lira, senza recedere di un millimetro da questa posizione, in nome della chiarezza. Invece finora si è giocato a nascondino: prima un “no” (all’euro) che diventa “sì, ma..”, poi un “sì, quasi certamente”.. Non gli resterà che andare in tv (ovviamente senza contraddittorio), col quel suo eterno ghigno tra il reazionario e lo sprezzante, a dire (lo sentiremo, vedrete!) che “per ora si rimane nell’ambito della moneta unica, ma se la Merkel e Macron non accetteranno le proposte dell’Italia, allora si raccoglieranno le firme per uscirne!” Uno statista, per essere tale, oltre alla competenza ed alla conoscenza dei problemi reali, deve avere le virtù di una visione politica ampia nel medio e lungo periodo, accanto alla capacità di saper ascoltare e di saper mediare “alto”; qui invece siamo al piccolo cabotaggio, alla navigazione a vista in uno specchio d’acqua!… D’altra parte, per chi come Giggino (e i “5 Stelle”) ha sempre affermato di non essere né di destra né di sinistra (un modo cioè per tenersi le mani libere e dire contemporaneamente una cosa ed il suo contrario) quale pensiero coerente ci si può aspettare? “Và dove ti porta il voto”, sembrerebbe lo slogan più calzante per il MoVimento; dove c’è convenienza elettorale immediata lì troverete un grillino (anzi “dimaino”)…E tanti saluti al Paese… Gianni Amendola

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